“La lontananza che rimpicciolisce gli oggetti all’occhio li ingrandisce al pensiero”
(Arthur Schopenhauer)

Per quanto la vita da expat possa essere piacevole, richiede un adattamento alla solitudine non indifferente.
Mia madre dice che ci si abitua a tutto, ed ha ragione: ci si abitua a fare tutto da soli, cosi’ come ci si abitua a vivere realtà totalmente differenti rispetto a quelle delle persone con cui prima condividevamo le giornate. La routine guarisce il distacco e fa pesare di meno quei pezzetti di cuore che abbiamo sparsi nel mondo.

Ci abituiamo alla solitudine con la stessa naturalezza con cui ci abituiamo alla presenza dei nostri cari quando vengono a farci visita. Come se ci fossero sempre stati.
La cosa più brutta, però, sono le partenze: sono quelle case vuote a cui torniamo, quel silenzio pesantissimo spezzato solo dal ticchettio delle lancette di un orologio.
La cosa più difficile sono quei primi giorni in cui ci riabituiamo all’assenza dei gesti più banali: giocare con Catherine tutti insieme, preparare la cena senza toddler “appesi” ai pantaloni, avere un’aiuto ma soprattutto poter condividere la quotidianità.
A volte penso sarebbe più facile non vedersi proprio, cosi’ da non conoscere mai cosa ci si perda vivendo all’estero. Ovviamente è un pensiero illogico e stupido: tutti i ricordi che si creano, anche in una sola settimana, valgono quei giorni tristi del “dopo partenza”.
Perchè ho scritto questo post? Per sfogarmi…perché scrivere è curativo ma anche per dire a tutte le donne expat che vi capisco e vi ammiro. Che poi diciamocelo, questa vita mi piace ma, come tutte le cose, ha dei lati negativi.
Ma ora basta, asciugo le lacrime e mi riabituo a questa vita solitaria che non è poi cosi’ male 🙂
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